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Archive for the ‘innatismo’ Category

Mi capita spesso di trovare su youtube alcuni video di Noam Chomsky, il grande linguista statunitense, fondatore della Grammatica Generativa.

Molti di questi video riguardano tematiche politiche (Chomsky è molto attivo politicamente negli USA e temo che sia conosciuto dagli statunitensi soprattutto per questa sua attività, piuttosto che per la ricerca in linguistica).

Ma alcuni video sono delle brevi presentazioni che hanno come oggetto proprio il linguaggio naturale. Per chi non avesse ancora avuto il piacere di vedernli, ve ne segnalo qui di seguito un paio:

Quello che segue è invece un video con una serie di domande e risposte su questioni interenti alla Grammatica Universale:

Quest’ultimo invece è tratto da una conferenza tenuta all’università di Colonia su “Linguaggio e altre Scienze Cognitive” (la durata è di un’ora e mezza, ma se avete un po’ di tempo da dedicargli è molto interessante):

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Una questione molto dibattuta nella linguistica contemporanea è quella dell’innatismo.

Quando nasciamo siamo come delle tabule rase – dovendo quindi apprendere tutto quello che concerne il linguaggio tramite l’esperienza esterna (ad esempio dai nostri genitori, dagli insegnanti) – oppure vi è già qualcosa nella nostra mente che ci permette di apprendere il linguaggio e che in qualche modo gli dà forma? Insomma, un bambino impara una lingua esclusivamente sentendola parlare dagli adulti, oppure possiede (oltre a questa esposizione all’esperienza) anche una base già presente e quindi innata, grazie alla quale la conoscenza della lingua prende forma?

Il principale sostenitore dell’innatismo è Noam Chomsky, il padre della linguistica contemporanea. La sua idea, infatti, è che vi siano dei principi comuni a tutte le lingue parlate dagli esseri umani, presenti sin dalla nascita in ognuno di noi, grazie ai quali è reso possibile l’apprendimento di una qualsiasi lingua.

Le ragioni teoriche che hanno portato a sostenere tale tesi sono molteplici. Quello di cui vi voglio parlare ora però è un caso concreto, che sembra portare acqua al mulino dei sostenitori dell’innatismo. Si tratta del fenomeno della creolizzazione.

Durante i periodi di espansione coloniale delle potenze europee, i commercianti si trovarono di fronte alla necessità di comunicare con gli abitanti nativi dei territori colonizzati. Ciò che ne emerse fu l’affermarsi di una proto-lingua molto semplificata e priva di grammatica, che consentiva le principali trattative, permettendo la comunicazione con la gente del posto. Si trattava dei cosiddetti linguaggi pidgin.

Un esempio è quello del pidgin delle Hawaii, dove per dire la frase “l’uomo è buono” si usava la forma pidgin “good, da man”, simile all’inglese “the man is good”, ma priva di articoli e tempi verbali.

Ciò che è interessante per i sostenitori dell’innatismo è quanto avvenne quando i figli dei nativi cominciarono ad apprendere il pidgin come loro prima lingua, nativizzandolo. Ciò che si osservò fu una spontanea complicazione della lingua: i bambini (esposti a una proto-lingua, priva di grammatica) finivano per parlare una lingua vera e propria, dotata di grammatica, definita lingua creola. Da dove avevano imparato come aggiungere aspetti grammaticali, come tempi verbali e articoli? Di certo non da input esterni, poiché gli adulti parlavano il solo pidgin.

La conclusione è che nel cervello dei bambini siano già presenti delle regole, dei principi innati, che regolano l’apprendimento del linguaggio, e che quando sono esposti a forme semplificate come il pidgin, agiscono complicandolo e dando vita ad una lingua vera e propria.

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