Alle origini della filosofia analitica – e di conseguenza anche della filosofia del linguaggio contemporanea – si pone quasi sempre la figura di Gottlob Frege, logico e filosofo tedesco vissuto a cavallo tra l’800 e il ‘900.
Il suo principale contributo viene dall’introduzione della distinzione tra senso (Sinn) e riferimento (Bedeutung), sviluppata nell’articolo del 1892 Über Sinn und Bedeutung.
Che cosa siano il senso e il riferimento di un’espressione liguistica dipende in primo luogo dal tipo di espressione linguistica. Prendiamo, ad esempio, il caso dei cosiddetti termini singolari (ovvero i nomi propri e le descrizioni definite come “il professore di latino”): il riferimento del termine singolare “il professore di latino” sarà il professore di latino, ossia l’individuo cui l’espressione fa riferimento. Più complessa è la caratterizzazione del senso. Il senso, infatti, è il modo in cui l’oggetto di riferimento viene presentato: per capirci, io potrei parlare del mio professore di latino chiamandolo “il professore di latino”, ma anche chiamandolo per nome “Mario Bianchi”. Uno stesso individuo, ma diversi modi di “presentarlo”, diversi modi per denotarlo.
Ora, a prescindere da ciò, in questo post volevo far notare che Frege introdusse la distinzione tra senso e riferimento per uno scopo ben preciso. Nell’articolo del 1892 si era proposto, infatti, d’indagare la nozione di identità, cercando di comprendere per quale ragione gli enunciati della forma ‘a = a’ avessero un diverso valore informativo rispetto a quelli della forma ‘a = b’. Con un esempio: l’enunciato “Mario è Mario” non ci dà una grande informazione; invece “Mario è il professore di latino” ci dice qualcosa di più. A cosa è dovuto ciò e come lo si può spiegare? Del resto ‘Mario’ e ‘il professore di latino’ si riferiscono allo stesso individuo. Perché il secondo enunciato allora è più informativo del primo?
Frege notò che nel primo caso si trattava di una semplice affermazione di identità tra un oggetto con se stesso. Nel secondo caso invece si aveva un incremento nella conoscenza del parlante, poiché si utilizzavano due nomi apparentemente distinti per riferirsi a un unico individuo nel mondo. Insomma il motivo della differenza nel valore informativo poteva essere spiegato ricorrendo alla nozione di senso e distinguendola da quella di riferimento:
«Se abbiamo trovato che in generale è diverso il valore conoscitivo di “a = a” e “a = b”, questo dipende dal fatto che, per il valore conoscitivo, il senso dell’enunciato, cioè il pensiero in esso espresso, è non meno rilevante del suo riferimento, cioè del suo valore di verità. […] il senso di “b” può essere diverso dal senso di “a”, e anche il pensiero espresso in “a = b” può essere diverso da quello espresso in “a = a”: i due enunciati non avranno allora lo stesso valore conoscitivo.» (Frege [1892])